Eccole!!! Sono arrivate! Le aspetto con trepidazione nuova e mai sopita con l’avanzare degli anni, ogni primavera.. Le ciliegie sono la mia passione…potrei mangiarne un intero paniere e non sentire il senso di sazietà; mi fermano solo le pareti dello stomaco quando sono gonfie come dei palloncini al limite dello scoppio. Non è solo golosità..più che altro ho con loro un legame affettivo..un muto accordo, un silente dialogo pieno di tanta vita che ci ha viste insieme..ogni anno mi riprogongono il mio amarcord. Mi spiego.. altrimenti potrei sembrarvi folle .. Da piccola, insieme a mio fratellino minore accompagnavamo mio padre nella vigna per raccogliere ciliege.. gli alberi erano immensi, altissimi..lui legava due lunghe scale di legno e con l’agilità di uno scoiattolo si arrampicava su per i rami a raccogliere quelle più grosse, più mature e via via riempiva i panieri che calava giù con una corda…io sganciavo il gancio e la corda risaliva su per fare altre volte lo stesso percorso. Vedere mio padre così in alto come fosse un uccello lo faceva apparire ai miei occhi di bimba un supereroe dotato di superpoteri, non ho mai tremato di paura perchè lui era rassicurante e per rafforzare tale tranquillità cantava arie di opere liriche di cui era appassionatissimo. Mentre aspettavo il carico successivo io mi impegnavo a farne fuori quantità indicibili…ancora una e poi basta, dicevo a me stessa..ma poi..oh che grossa questa e questa ..e quest’altra non l’avevo vista…vi dirò…spesso per la fretta le ingoiavo con tutto il nocciolo! Ma erano anche gioco, in tempi in cui di giocattoli se ne vedevano pochi..così diventavano orecchini e provavo a far la diva inventandomi balletti sotto il grande albero al ritmo delle canzoni che cantava papà, mentre mio fratello applaudiva divertito d’avere una sorellina tanto matta..oppure facevamo a gara a chi sputava il nocciolo più lontano o ci improvvisavamo mercanti di gioielli..vendevamo rubini! Da lindi com’eravamo usciti da casa ecco esserci trasformati in due guerrieri tutti insanguinati..ma era sangue buono, pacifico. Poi arrivava l’ora di rincasare; tornavamo a casa a piedi, un percorso bellissimo tra sentieri di montagna e viottoli erbosi , poi di radura in radura si arrivava al paese. Mio padre portava una grande cesta piena di ciliegie sulle spalle, e poverino era costretto a fare più fermate della via Crucis…Già, le ciliegie in pancia smuovevano.. e a me e mio fratello scappava con urgenza il bisogno ogni due tre..Papà carta! Ricordo che all’epoca non c’era la carta igienica bianca e profumata di adesso…mia madre comprava dal fornaio tanti chili di carta da pane. Per chi non ce l’avesse presente..era una carta sottile di color marroncino..lei la tagliava a rettangoli e mio padre da previdente ed organizzato qual’era ne portava sempre una scorta con sè. Quanta pazienza aveva quell’uomo, Giobbe al suo confronto era un irascibile, non ha mai brontolato una volta, con rassegnazione depositava la cesta su un muretto e aspettava di riprendere il cammino. Le ciliege erano anche companatico delle mie colazioni e merende..sia che fossero trasformate in marmellata sia in purezza, a quei tempi non esistevano le merendine per fortuna!!!…tutt’oggi pane e cerase lo trovo un cibo divino.
E che dire delle mie scorribande adolescenziali? Le ciliegie in questo caso diventavano oggetto di aggregazione. Progettavamo dei veri piani strategici d’attacco per andare a rubare ciliegie. Organizzare la “battuta” riempiva interi pomeriggi di quel gruppetto di ragazzi che si spicciava a fare i compiti per ritrovarsi sul muretto. La materia prima diventava marginale, solo giustificativa..piuttosto entravano in gioco il brivido, il piacere sottile della trasgressione, l’adrenalina data dal rischio d’essere scoperti, il gusto della competizione, il segreto da non far trapelare ai genitori, il misurarsi e sul piano dell’abilità fisica e su quello della seduzione. C’era sempre il ragazzo, che ci piaceva, su cui fare colpo..e dimostrare d’essere coraggiose o anche incoscienti ci galvanizzava. Se chiudo gli occhi posso sentire nitidamente l’eco delle nostre risate sulla collina e riprovare il sapore di quei primi baci al gusto di ciliegia dopo l’escamotage della sfida: vediamo se m’acchiappi! Poi sono diventata grande…i miei piedi mi hanno portato lontano da lì..le distese di grigio cemento si son sovrapposte ai prati, alle salite scoscese umide di muschi, la raccolta diretta dai rami è stata soppiantata dalla bilancia del fruttivendolo, la gratuità dal pagamento, le responsabilità hanno preso il posto della spensieratezza.. ma nulla è riuscito a cancellare quei ricordi e soprattutto la piacevolezza di ritornare a ricordarli come fosse un appuntamento fisso, ciclico e con la capacità di rinnovarli e ridar loro verginità. Anche se la vita è adesso ed ora..quel che siamo oggi e il modo in cui la percepiamo ed assaporiamo lo dobbiamo a quel ieri che è sempre dentro di noi.
Semplice
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