Peppino Impastato

Umberto Santino / La matri di Pippinu

Chistu unn’è me figghiu.
Chisti un su li so manu
chista unn’è la so facci.
Sti quattro pizzudda di carni
un li fici iu.

Me fighhiu era la vuci
chi gridava ’nta chiazza
eru lu rasolu ammulatu
di lo so paroli
era la rabbia
era l’amuri
chi vulia nasciri
chi vulia crisciri.

Chistu era me figghiu
quannu era vivu,
quannu luttava cu tutti:
mafiusi, fascisti,
omini di panza
ca un vannu mancu un suordu
patri senza figghi
lupi senza pietà.

Parru cu iddu vivu
un sacciu parrari
cu li morti.
L’aspettu iornu e notti,
ora si grapi la porta
trasi, m’abbrazza,
lu chiamu, è nna so stanza
chi studìa, ora nesci,
ora torna, la facci
niura come la notti,
ma si ridi è lu suli
chi spunta pi la prima vota,
lu suli picciriddu.

Chistu unn’è me figghiu.
Stu tabbutu chinu
di pizzudda di carni
unn’è di Pippinu.

Cca dintra ci sunnu
tutti li figghi
chi un puottiru nasciri
di n’autra Sicilia

1979

La madre di Peppino

Questo non è mio figlio.
Queste non sono le sue mani
questo non è il suo volto.
Questi brandelli di carne
non li ho fatti io.

Mio figlio era la voce
che gridava nella piazza
era il rasoio affilato
delle sue parole
era la rabbia
era l’amore
che voleva nascere
che voleva crescere.

Questo era mio figlio
quand’era vivo,
quando lottava contro tutti:
mafiosi, fascisti,
uomini di panza
che non valgono neppure un soldo
padri senza figli
lupi senza pietà.

Parlo con lui vivo
non so parlare
con i morti.
L’aspetto giorno e notte,
ora si apre la porta
entra, mi abbraccia,
lo chiamo, è nella sua stanza
a studiare, ora esce,
ora torna, il viso
buio come la notte,
ma se ride è il sole
che spunta per la prima volta,
il sole bambino.

Questo non è mio figlio.
Questa bara piena
di brandelli di carne
non è di Peppino.

Qui dentro ci sono
tutti i figli
non nati
di un’altra Sicilia.

Vi riporto la storia di Peppino tratta dall’Unità di oggi…
La storia di un eroe naturale, quella di Peppino Impastato. Una storia che mescola nostalgia e sentimento, in cui emerge il conflitto tra figlio e padre, individuo e ambiente, obbedienza passiva e rivolta vitale. La rivolta di Peppino, contro i mafiosi e i politici collusi con Cosa Nostra, nasce e si sviluppa negli anni Settanta nel paese siciliano di Cinisi, accanto all’aeroporto che è stato poi intitolato a Falcone e Borsellino. Il protagonista di questa storia vera cresce negli anni Sessanta in una famiglia legata alla mafia da rapporti di parentela e d’interesse, in una comunità dominata dalla mafia («Mafiopoli», la chiamava Peppino), e per questo si ribella.

E lo fa usando l’arma più odiata dai boss: l’ironia, la beffa, lo sfottò, il sarcasmo contro il capomafia della zona, Tano Badalamenti, contro il «Maficipio» comunale, contro l’illegalità sistematica. Lo fa con la radio, con un mezzo d’informazione che entra in ogni casa, grazie all’impegno sociale di un gruppo di giovani. È Radio Aut, che con la satira trasmessa nel programma Onda pazza non risparmia accuse e denunce alla mala amministrazione. La madre Felicia e il fratello Giovanni sostengono Peppino. Il padre Luigi, spaventato per sé e per il figlio, lo osteggia, e presto muore in quello che sembra un incidente d’auto, ma che in realtà è un omicidio. La rivolta di questo giovane «comunista» è indomabile.

Si candida alle elezioni comunali per Democrazia Proletaria, conduce una campagna elettorale infiammata: due giorni prima del voto, nel 1978, viene trovato morto. Quando Peppino viene ucciso ha trent’anni. Lo assassinano in modo atroce, piazzandogli sul petto – dopo averlo sistemato sulle rotaie della ferrovia – una carica di tritolo. Fece rumore, l’esplosione. Un grande fragore ruppe il silenzio, la notte dell’8 maggio 1978. Eppure nessuno volle sentire: Cinisi, già famosa per aver dato i natali a Badalamenti, rimase impassibile, con i suoi uomini d’onore dislocati nei punti strategici del paese a sorvegliare lo svolgimento delle indagini, non senza ostentare un ghigno di soddisfazione. Gli investigatori non vollero sentire neppure la società civile siciliana e italiana. Certi giornali, certa magistratura, catalogarono immediatamente quel delitto di mafia, il primo della lunga mattanza, come un «incidente», occorso a un «terrorista» che stava per compiere un attentato nello stesso giorno in cui le Brigate Rosse restituivano agli italiani il cadavere di Aldo Moro.

Già, perché Peppino Impastato aveva almeno due «peccati d’origine»: non era un uomo delle istituzioni ma un semplice privato cittadino, ed era comunista, e poco importava se la sua attività di militante, di giornalista che faceva controinformazio-ne dai microfoni di una piccola radio, era rivolta esclusivamente a denunciare lo strapotere dei mafiosi, di don Tano e dei suoi accoliti politicanti travestiti da amministratori. Ci sono voluti vent’anni per poter avviare un processo contro Badalamenti, che è stato poi condannato all’ergastolo come mandante. E la signora Felicia ha saputo aspettare quel giorno, in cui la giustizia ha dato finalmente un volto a chi aveva ordinato il delitto del figlio. Lo ha atteso con grande forza d’animo perché aveva sempre creduto nell’autorità giudiziaria, rifiutando ogni vendetta. Nonostante i decenni trascorsi, a leggerla oggi la storia di Peppino non sembra quella sul passato siciliano. Perché non molto, da allora, è cambiato: la mafia è sempre lì e comanda, la sinistra continua a scindersi, dividersi, combattersi. Forse ci sono meno ribelli, oppure esistono molti ribelli a parole, e pochi a fatti.

Traduzione testo:

Fiore di campo

Fiore di campo che nasce
beato l’occhio di chi lo nutre
fiore di campo che cresce
e la piccola ape riempie lo stomaco
fiore di campo che muore
piange la terra piange il cuore.

Rit. fiore che nasce
fiore che cresce
fiore che muore
piange la terra piange il cuore.

Come fiore di campo sei nato
e la terra ti ha fatto da madre
come fiore di campo sei cresciuto
e la lotta ti ha fatto da padre
come fiore di campo sei morto
una sera di maggio con le stelle tristi.

Semplice

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20 commenti su “Peppino Impastato

  1. cordialdo ha detto:

    Peppino Impastato un eroe cosciente che sapeva di lottare con l’ambiente stesso al quale apparteneva suo padre e di cui era schiava la sua famiglia.
    Immaginare i sentimenti di sua madre quando, quotidianamente, sapeva i rischi che correva quel suo ragazzo ed il suo dolore straziante quando glielo hanno consegnato a brandelle e diffamandolo.
    Tu dici che non è cambiato molto da allora. Io credo che sia, invece, cambiato moltissimo.
    Allora la mafia aveva bisogno di ottenere le coperture politiche per mezzo degli eletti in Parlamento e negli enti locali, figure apparentemente insospettabili in giacca e cravatta.
    Oggi, la mafia partecipa direttamente con i propri uomini all’elezione dei suoi uomini sia al Parlamento che negli enti locali, dalla regione al più modesto consiglio comunale. Ciò non più solo in Sicilia ma anche nelle regioni del nord dove direttamente o indirettamente condizionano la vita politica ed economica.
    Quello che non è cambiato è solamente il contesto sociale nel quale ciò si verifica, l’atteggiamento dei cittadini nei confronti del fenomeno mafioso.
    E’ lo stesso atteggiamento che ha contagiato anche le autorità in Lombardia dove, sino a qualche mese fa, i prefetti ed i questori negavano, anche in documenti ufficiali, la presenza della mafia.
    Ciao, cara amica. Ti auguro una serata serena! Un abbraccio. Osv

  2. zebachetti ha detto:

    rivedo spesso i cento passi, ogni volta provo emozione mista a rabbia. Peppino è un uomo che rende la vita più vera più bella. La sua figura è qualcosa da non dimenticare ed insegnare ai nostri figli Impastato dovrebbe essere sui libri ditesto e studiarlo a scuola perchè impara a crescere a divenire grandi,perchè essere uomini non è facile Cara Vera questo tuo post. per me è cosa veramente gradita Grazie. Onore A Peppino Felicia e Giovanni. con affetto ti auguro una serena giornata di festa

  3. Emilio ha detto:

    La storia di un’eroe d’altri tempi, il suo coraggio nel ribellarsi contro la mafia e i suoi componenti gli è costato la vita.
    Buona giornata Vera, orasei tra i miei amici nell’elenco Visitatori e amici del blog.
    Un abbraccio
    Emilio

    Ps: Ho anche sottoscritto il tuo blog 🙂

  4. pierperrone ha detto:

    Post molto duro, cara Vera.
    Storia di dolore, di sangue, di una mattanza …
    Mi ha colpito molto la poesia che apre il post: una madre non può riconoscere la morte del figlio, perciò urla e muore, morirebbe, se potesse, morirebbe al posto suo se potesse morire al posto suo, al posto di quel figlio che non può essere più figlio suo.

    Non so cosa aggiungere a tanta amarezza.
    Viene da pensare che è un paese molto strano quello in cui l’assassinio viene tollerato se non addirittura usato come mezzo di giustizia politica.

    In questi giorni a Roma si spara molto, il sangue scorre in centro ed in periferia, la violenza di propaga come un’epidemia lenta ma grave.
    Non so se ci siano disegni politici sotto oppure se, soltanto, sia la legge della giungla che si afferma sempre più a colpi di pistola.
    Mi sembra il segno, però, di un degrado visibile, rumoroso, evidente … che ha colpevoli e complici ma che nessuno vuole smascherare.
    Mi sento una strana sensazione addosso, di sporco, di marcio, di peccato … ma in questa Gomorra che vive godendo indifferente, non c’è nessun dio che mandi i suoi angeli con la spada di fuoco.
    Anzi, il vicario di dio in terra contratta, per interposta persona, l’esenzione dall’ICI/IMU dei suoi ricchi beni e nomina nuovi porporati, in cerimonia di pompa magna.
    Ma non è solo questo … nelle sale consiliari di tutte le istituzioni politiche, centrali e territoriali, si difendono i privilegi acquisiti, la casta (non nel senso di pura, immacolata, senza peccato) si nasconde e si protegge, impaurita ma famelica…
    E Intanto il popolo è soggiogato al giogo, per sopravvivere è impastoiato in manovre che tagliano posti di lavoro, salari, stipendi, servizi ed aggiungono, come il sale sulle ferite, il gravame di imposte tasse e gabelle mai viste prima…

    Sembra il quadro deprimente di un’epoca buia del medioevo… e invece è l’oggi.
    Vedi, mia cara Vera, che l’amarezza della mamma di Peppino coglie nel segno giusto?

    Un carissimo saluto,
    Piero

  5. semplice1 ha detto:

    Carissimo Osvaldo, purtroppo non molto è cambiato..e amaramente te lo confermo essendo siciliana. La mafia è lì e comanda come sempre e la politica è il grande “puparo” (burattinaio) da sempre. I siciliani non sono nati o mafiosi o rassegnati ad essa, per donazione divina, ma gli uni hanno potuto crescere e fortificarsi e gli altri subire e rimanerne assogettati, grazie alle non-scelte economiche, di crescita e sviluppo dei signori della politica. Mantenere una regione al minimo vitale, impedendo la legalità, non prevedendo realizzazione di infrastrutture, servizi e poli di sviluppo significa assicurarsi sudditanza. Vivere o sopravvivere bisogna..allora se per un lavoro non serve a nulla essere preparati perchè il posto verrà dato ad un raccomandato, se un’attività non puoi avviarla solo avvalendoti delle competenze perchè se non paghi il pizzo un giorno o l’altro la trovi bruciata, se ad un’asta pubblica non vincerai mai anche presentando il miglior rapporto qualità-prezzo…se…se.. alla fine non essendo libero sul piano economico non lo sei nemmeno sul piano delle scelte. Ecco perchè la sicilia è stato il pozzo dei voti del malgoverno da moltissimi, troppissimi anni a oggi. Ribellarsi è difficile…chi lo ha fatto in passato ha pagato con la vita: Impastato, Falcone, Borsellino, Libero Grasso, Mauro Rostagno,Pio La Torre, Dalla Chiesa,Don Puglisi,e tantissimi altri noti o persone comuni che non ci stavano a calare la testa. E finora si è pianto i martiri.. solo pianto.
    Non c’è soluzione? Io spero di sì.. e ancora una volta mi appello e confido alla risposta unita di un popolo. Il singolo può essere facilmente soppresso, avendo poi pure la faccia tosta di commemorarne la memoria negli anni..ma un popolo unito,
    coeso, non lo si può distruggere. Basterebbe che dentro le urne, protetti dalle cabine, si operassero rivoluzioni, tante piccole X messe al posto giusto..per es., basterebbe non rendersi complici con il silenzio, basterebbe scoprire quant’è bello il “fresco vento della libertà” come diceva Borsellino.

  6. ANGELOM ha detto:

    La storia di Peppino è una di quelle che lasciano l’amaro in bocca il suo sacrificio il suo coraggio, per affronatare e poi dare la vita per una causa che purtroppo nella nostra terra ha messo radici profonde. Il grido di una mamma che non si rassegnarà mai

  7. semplice1 ha detto:

    “essere uomini non è facile” dici, che verità indiscussa!!
    Purtroppo in giro si vedono molti più ominicchi e quaquaraquà e godono di ottima salute…purtroppo!
    Un abbraccio
    Vera

  8. semplice1 ha detto:

    Come sarebbe bello vivere in un mondo in cui non ci sia bisogno di eroi, di eroi che pagano con la vita!
    Grazie Emilio di avermi incluso nei tuoi blog di amici..di solito sono sempre presente, in questi giorni ho qualche problemuccio che spero di risolvere presto. Ciaooooooo

  9. semplice1 ha detto:

    La madre di un uomo come Peppino, deve essere per forza una grande donna..c’è parte di lei in lui. Avrà tremato e pregato chissà quante altre volte, ma in cuor suo l’avrà sempre benedetto in ogni suo progetto. E sopravvivere al dolore inumano della sua morte è stata un’ulteriore conferma di sostegno e condivisione delle sue idee… no, non poteva morire senza lottare per rendere giustizia e luce al figlio. Così rattoppandosi giorno dopo giorno gli squarci del cuore, ce l’ha fatta!!
    Hai ragione Piero, il nostro Paese diventa ogni giorno più strano e Roma ne sta diventando l’emblema. Non credo ci sia dietro un progetto politico manifesto..io penso sia derivato da esso, dalle sue scelte, dalle scellerate conduzioni di potere. Se chi governa è senza legge, autorizza tutti gli altri a vivere senza legge…e nessun Dio sembra guardare quaggiù…

  10. semplice1 ha detto:

    Si Angelo… amarissimo sapore, c’è solo da sperare con tutte le forze che non sia stata vana, che le nuove generazioni riescano a dar vita ad una realtà migliore impastata di valori di legalità, giustizia, eguaglianza, moralità.
    Un abbraccio

  11. scanazzatu ha detto:

    Probabilmente avrò torto, ma penso che non ci sono solo eroi, ma uomini che hanno imparato ad ascoltare la propria coscienza, che hanno vinto la paura gettandosi nella lotta per difendere la dignità di tutti, uomini di ogni giorno, uomini, soltanto “veri uomini”. Tu sai quanto tutto questo mi stia a cuore, quanto vicino io sia a tutte queste persone, penso quindi di poter affermare che se tutti quanti fossimo uomini non ci sarebbe bisogno di creare eroi da ricordare, celebrare ipocritamente, nelle ricorrenze.
    Scusa il mio sfogo, ma so che mi capirai.
    Un abbraccio.
    Nino

  12. Emilio ha detto:

    Ti ho incluso nell’elenco perchè sentivo di farlo, mi raccomnado fallo anche tu 🙂
    Ciaoooooo

  13. ugo-es ha detto:

    io credo ke i politici non siano i pupari ma sono dei burattini ke servono alla mafia x raggiungere il loro scopo, la mafia non ha un colore politiko, segue solo la sua convenienza. In italia, tutto ciò ke in altri stati è la normalità, qui da noi si diventa eroi, vedi il caso di quel calciatore e così in tutti i campi, abbiamo al governo pokissimi uomini ke hanno ilò senso dello stato , dediti solo al propio tornaconto e quindi inutili per lo STATO ITALIA-scusa l’intrusione

  14. semplice1 ha detto:

    Carissimo Antonino, sono perfettamente d’accordo con te! Queste tue idee sono il leitmotiv di molte nostre conversazioni.
    Essere “uomini”, esserlo quotidianamente è difficile, prevede l’onestà, la purezza di cuore, il senso di giustizia, la lealtà, il superamento dell’egoismo, il coraggio delle proprie azioni, il rifiuto delle prepotenze e delle collusioni, fare il proprio dovere, non aver paura, cercare la condivisione con gli altri, lottare, lottare sempre lottare. E purtroppo, molti scelgono la via facile, essere ominicchi e quaquaraquà, non valutando che questo comportamento si ritorce contro come un boumerang!!!
    L’abbraccio di sempre.
    Vera

  15. semplice1 ha detto:

    Ugo non sono d’accordo con la tua analisi…tra politici e mafia è difficile stabilire chi e cosa abbia la priorità d’esistenza..è un pò come stabilire l’annoso quesito se nasce prima l’uovo o la gallina.
    Io penso che la molla che motiva la loro nascita e il loro mantenimento in vita è senza ombra di dubbio la conquista del POTERE e uno sfrenato tornaconto personale. Io mi sento di associarli in un’unica categoria: Pupari!!
    Ciao

  16. Raul111 ha detto:

    Ciao Vera dolce amica e compagna, caro afflato di una voce che congiunge i nostri cuori.
    Nel tuo post vive un pensiero che mi appartiene, che ci appartiene e ci unisce.
    Un bacio.

  17. semplice1 ha detto:

    Michele, niente avviene per caso, men che mai la scelta degli amici anche se apparentemente può sembrare casuale, io penso che le anime si riconoscano per sintonia tra la folla.
    Un abbraccio 😉

  18. ugo ha detto:

    forse ti riferisci alla nascita di questo fenomeno, quando erano i latofondisti x tutelare i loro interessi, ora la mafia o altre con nomi diversi, fanno affari con tutte le componenti della politika, ma sono loro a gestire tutto, i politici sono uno strumento, vedi il caso Cosentino, decidono loro ki fare eleggere sempre nel propio interesse, li creano loro -politici-avvocati-commercialisti e agenti finanziari (vedi NDRANGHETA a Milano) . La prova di tutto questo, è stata la guerra che la mafia ha scatenato contro lo stato, con le stragi di Firenze etc, ed il papocchio che vito ciancimino diede allo stato-ALLORA CHI SONO I PUPARI??

  19. semplice1 ha detto:

    Ugo, io in questo mio spazio esprimo le mie idee e non ho la pretesa che debbano essere interpretate come vangelo da chi mi legge. Ognuno è libero di avere le proprie di idee.

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